BENVENUTƏ

FAMUGORIZIA

 

FAMU Gorizia è il Fake MUseum del quartiere Straccis e Piedimonte: un percorso museale a cielo aperto da fare a piedi, che ha preso vita tra margine urbano e paesaggio fluviale. Là dove la città incontra il fiume e il costruito sfuma nel selvatico, prende forma un percorso museale all’aperto che invita a esplorare i confini, reali e simbolici, che attraversano i nostri spazi quotidiani
Il percorso si snoda lungo il fiume Isonzo “Limite Invalicabile”. Non è solo un avvertimento: è una domanda, una provocazione, un invito a guardare oltre. Attraverso rovine di antiche civiltà avvolte da piante pioniere, opere d’arte effimere, scorci di architetture futuristiche e storie di ordinaria quotidianità, emerge il potenziale nascosto dei luoghi marginali.
Un museo nato a partire dalle esplorazioni urbane guidate da Invasioni Creative, nell’ambito del progetto MONDOMINIO per GO! 2025 European Capital of Culture 2025 Nova Gorica – Gorizia e in collaborazione con Circolo ARCI Gong. Fotografie di Alice Durigatto.

LIMITE

op 1.1

FAMU Udine - Quartiere Aurora - Foto © 2020 Alice BL Durigatto

Jerry, il topo artigiano

di Giuseppe Barbera

Dopo decenni di inseguimenti sfrenati, trappole a molla, e torte lanciate in faccia, il topolino Jerry ha deciso che è giunto il momento di una vita più tranquilla. Così, un giorno, prepara la sua valigetta in miniatura e si mette in cammino. Dopo un lungo viaggio, attratto dal profumo di gubana, raggiunge la città di Gorizia, dove si innamora della facciata della Chiesa di San Giuseppe Artigiano. 

Qui ha trovato due buchi perfetti: uno per entrare e uno per scrutare i passanti con fare saggio e contemplativo. Annidato tra i mattoni della Chiesa, Jerry ha appeso al chiodo la carriera televisiva per abbracciare quella di artigiano goriziano. Si è costruito una micro-officina tra le fessure dell’edificio: intaglia legno di ciliegio, lucida miniature di formaggi e, ogni tanto, ripara orologi… a cucù, ovviamente.

Ogni giorno Jerry si affaccia per salutare gli abitanti del quartiere e i turisti di passaggio. Alcuni giurano di averlo visto con un calice di Ribolla in zampa, altri dicono che la domenica suona un piccolo organo a canne fatto con cannucce da aperitivo e fagioli secchi.

Ma non è tutto: i due misteriosi buchi funzionerebbero anche come degli altoparlanti “topeschi”, da cui si possono ascoltare o lasciare messaggi, detti goriziani, pettegolezzi transfrontalieri e ricette tradizionali sussurrate in segreto.

La leggenda dice che, se ti avvicini a uno dei buchi e sussurri con sentimento: “Tra un sorriso e una gubana, passa la vita goriziana!” Jerry ti regali una briciola benedetta del dolce, un sorriso e una scorreggetta benevola udibile solo ai cuori puri.

> materiali: emmental e laterizi

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op 1.2

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FOOTprint

di Mugnaio Etico

L’opera FOOTPRINT invita a chiederci quale impronta lascia il nostro cibo e quanto siamo disposti a condividerne il peso. Racconta il Patto della Farina, un accordo di fiducia tra agricoltori, trasformatori e consumatori che condividono saperi, scelte produttive e rischi economici. In questo modello, i consumatori sostengono in anticipo parte dei costi, garantendo agli agricoltori risorse per avviare la produzione.

I cereali, da agricoltura biologica non certificata, sono coltivati e trasformati localmente, nel rispetto della trasparenza e della relazione diretta, rendendo superflue le certificazioni. L’opera prende ispirazione dal Mulino Tuzzi, storica realtà friulana guidata da Enrico Tuzzi, che da generazioni promuove una filiera etica, accessibile e visitabile.

Un’impronta collettiva che parte dalla terra e arriva sulle nostre tavole.

> materiali: vernice, asfalto, zappa, fatica e passione su terra

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op 1.3

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ShanGOi

di Mika Do

Mika Do, artista a tempo instabile, con base ovunque ma cuore a metà tra Tokyo e Gradisca. Già famoso per l’opera Pali e Dispari. Ricevuto l’invito da FAMU, è arrivato a Gorizia a bordo di un’apecar strabordante di lunghi assi di legno, con l’idea di rappresentare l’essenza della città, un crocevia di lingue, sapori, storie e… legni.

Così ha dato vita a ShanGOi: una monumentale installazione fatta di assi di legno incastrati con precisione casuale,  ispirata ad una partita di Shangai…culturale. Ogni asse rappresenta un linguaggio (italiano, sloveno, tedesco, friulano), un piatto tipico (dal frico alla jota, passando per il burek e lo strudel), un modo di salutare, un ballo tradizionale…

Gli assi, caduti l’uno sull’altro come amici ubriachi dopo un festival transfrontaliero, formano un caos armonico, un groviglio di differenze che non si annullano, ma si tengono in piedi a vicenda, proprio come i rapporti tra culture.

Nota dell’artista: “Le culture non sono pezzi da impilare con cura, ma bastoncini da lasciar cadere e riscoprire ogni volta. L’arte è solo il pretesto per farci inciampare l’uno nell’altro.”

> materiali: magnetismo culturale invisibile e assi di legno di recupero provenienti da vecchie panchine del confine, sedie di bar dove si discuteva se il krapfen fosse sloveno o austriaco, e da pavimenti scricchiolanti di case dove si sono sentite almeno tre lingue diverse a cena

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op 1.4

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Dove vanno le cose che spariscono

di Alfredo Sifone

“Ogni oggetto smarrito è una domanda senza risposta.” Tombini monumentali emergono dal terreno come portali silenziosi. Sono grandi, sproporzionati, inquietanti e ironici: non solo accessi ipotetici al sottosuolo urbano, ma veri e propri santuari del quotidiano perduto. In questa installazione-parco, l’artista Alfredo Sifone, noto per lavorare esclusivamente con ceramica invisibile e poetiche idrauliche, immagina un punto di raccolta metafisico per tutto ciò che svanisce senza lasciare traccia: tappi di penna, cucchiaini, anelli, speranze. L’illusione è che lì sotto, tra le griglie giganti, esista davvero uno zoo sotterraneo di oggetti e creature, incluso il leggendario coccodrillo di Straccis.

La visita è libera. Il recupero, improbabile.

> materiali: grate metalliche su prato, cemento armato, tunnel sotterranei, umidità

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op 1.5

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MandAlbero

di Anima Latifolia

Una costellazione fragile, intrecciata tra i rami. MandAlbero è un’installazione effimera sospesa tra i vuoti del fogliame, dove i cicli della natura si incontrano con la geometria simbolica del mandala. L’opera si manifesta solo per chi alza lo sguardo. L’artista (o meglio, la coscienza collettiva temporaneamente nota come Anima Latifolia) preferisce non firmare le proprie opere, ma lasciare che siano gli alberi a decidere dove e quando accoglierle.

> materiali: fili di lana, rami, foglie cadute, piume, frammenti di luce

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op 1.6

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Anemozia 2k25

di Alexander Calden

Calden, maestro dell’aria concettuale e del caldo artistico, ha creato una macchina sensibile, un anemometro emozionale che gira non solo col vento… ma con l’umore della città. “Anemozia 2K25” è la risposta poetico-meccanica alla domanda che nessuno ha mai osato porre: “E se Gorizia fosse un vento con personalità multiple?”.

Quando Gorizia è felice? Le pale ruotano allegre come giostre di ferragosto. Quando è malinconica? Si muovono lente, con una grazia che sfiora lo struggimento. Quando c’è bora? Beh, preparatevi a vederle prendere il volo e recitare poesie in sloveno e goriziano contemporaneamente.

> materiali: pale in alluminio lucidato al sarcasmo, palo portante in acciaio empatico, bulloni esistenziali autofilettanti, un cuore nascosto fatto di vento interiorizzato

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op 1.7

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Entrata di Emergenza

di Sandra Cieca

Nessuna maniglia, nessuna soglia, solo la traccia di ciò che potrebbe essere stato o potrebbe ancora essere, ma in un’altra dimensione.

Sandra Cieca, artigiana minimalista, ex medium condominiale e sciamana del cemento, recupera il concetto della falsa porta egizia, passaggio simbolico per l’anima dei defunti tra il mondo dei vivi e l’aldilà. Nell’antico Egitto, queste porte venivano scolpite nelle tombe come “accessi” esclusivi per gli spiriti, vie riservate alla comunicazione invisibile. La porta, murata ma presente, diventa il punto di fuga per tutte le energie residuali: sogni repressi, mail non inviate e rancori da pianerottolo.

> materiali: mattoni forati, intonaco civile

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op 1.8

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Ecco qui le tue Indie

di C. Colombo

Nel 1492, mentre il mondo si agitava per nuove rotte e terre da conquistare, Colombo, uomo dal naso sopraffino, seguiva una scia odorosa che nessuno riusciva a identificare…una sinfonia di aromi che sembrava raccontare una storia dimenticata.

L’indagine lo portò davanti a un Suk dalla forma di cestino della spazzatura da dove proveniva l’aroma del mondo intero: spezie lontane, plastica bruciata, scarti di pizza, pacchetti di incenso, bustine di tè orientale, croste di formaggio e persino un calzino spaiato.

Tutto mescolato senza regola, senza rispetto. Nessuna differenziazione. Un profumo ricco, ma confuso, come un’orchestra che suona senza spartito.

Da quel giorno, in via Colombo apparvero nuovi cestini colorati, ognuno con un’etichetta: carta, plastica, organico, vetro. I bambini impararono a riconoscerli, i grandi li seguirono. Il profumo del mondo non sparì. Cambiò. Divenne armonia.

E l’ispettore Colombo, sorridendo sotto i baffi, se ne andò con un pensiero nel cuore: “A volte, per mettere ordine nel mondo, basta iniziare da un piccolo cestino.”

> materiali: plastica, indelebile, scovazze e ferro

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op 1.9

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Isonzo 1592

di Piena

Un tronco monumentale, sospeso tra i cavi dell’alta tensione, oscilla tra cielo e asfalto. Non è un resto alluvionale dimenticato, ma un gesto artistico preciso, un atto di memoria pubblica: con “Isonzo 1592”, Piena commemora la storica piena che nel febbraio di quell’anno fece crescere il fiume in un’ora sola fino a raggiungere le mura di Gradisca, allargandosi per oltre mezzo miglio.

La scultura si inserisce nella tradizione urbana di appendere oggetti (come le scarpe consumate) ai fili della luce, gesto tipico dei quartieri popolari, simbolo a metà tra rito di passaggio e segno di resistenza. Memorie che riaffiorano dove meno ce le aspettiamo.

> materiali: tronco, muffa, alta tensione

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op 1.10

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Residenza estiva SpaceX

di Elon Musk

Un’enorme antenna sul tetto di un edificio qualunque viene qui elevata a monumento funzionale: Ufficio decentrato per Elon Musk è il tentativo di istituire una sede remota per la gestione dei rapporti tra Gorizia e l’esosfera. L’opera prende forma tra suggestioni spaziali e logiche da smart working globale, dove la presenza fisica è superflua e ogni luogo può diventare headquarter, purché puntato verso l’alto. L’intervento ironizza sull’onnipresenza dello stesso autore e sull’idea che qualsiasi struttura dotata di antenna possa, in teoria, ospitare una sua sede operativa. Una riflessione in metallo e cielo sul potere visionario, sull’occupazione del paesaggio da parte del mito tecnologico e sull’eventualità che anche da qui si stia già lavorando a Marte

> materiali: antenna parabolica, metallo industriale, ambizioni orbitali

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op 1.11

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Hotel Biblioteca

di Collettivo Sci Nordico 88

Ex biblioteca abbandonata riconvertita in struttura detentiva a metà tra resort e carcere, pensata per ospitare i personaggi dei libri comprati, ma mai letti e abbandonati sul comodino. Ogni stanza trattiene una trama interrotta, ogni finestra affaccia su un capitolo mai iniziato. L’opera riflette sull’inerzia della lettura e sul destino sospeso di centinaia di vite relegate al limbo del comodino: pronte all’azione, ma eternamente in attesa. Il visitatore non può accedere, ma può spiare dietro una sbarra, lo sguardo del protagonista mai scoperto.

> materiali: intonaco scrostato, scaffali vuoti, porte chiuse, polvere editoriale, spriti e presenze

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op 1.12

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Orti Pensili Babilonesi

di Selvaggio Pellegrino

Dopo l’intervento “Into the Wild” nel quartiere Aurora di Udine, Selvaggio Pellegrino torna a coltivare l’abbandono come forma d’arte spontanea. In Orti pensili babilonesi, la vegetazione si insinua tra cofano e cruscotto di un furgone dimenticato, trasformando l’auto in rovina in una serra mitologica. Parte del verde è cresciuto da solo, parte è stato deliberatamente seminato, ma il confine resta incerto: un gioco tra natura e artificio che richiama i giardini sospesi dell’antichità, adattati però a un paesaggio post-industriale. L’opera riflette sul ritorno silenzioso del vegetale, che riconquista ogni spazio lasciato indietro, anche un motore.

> materiali: muschio, terra, semi su lamiera

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op 1.13

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2/2 (due di due)

di Ennio Vent

Ultima di due fermate lungo un percorso marginale, 2/2 segna non solo la fine di una linea, ma l’inizio di una possibilità: quella di fermarsi. Ennio Vent concepisce l’opera come uno spazio minimo per il pensiero, un rifugio urbano dove la pausa diventa gesto attivo. I vetri, una volta trasparenti, oggi rotti forse per noia, forse per gesto poetico, amplificano il silenzio del luogo e lo aprono al paesaggio. I segni lasciati sulle superfici (scarabocchi, frasi, graffi) diventano parte dell’installazione, memoria stratificata di chi è passato senza partire. Una stazione immobile dove il tempo, per una volta, aspetta.

> materiali: cemento armato, ferro, vetro infranto

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op 1.14

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Dissuasore Naturale

di Mediterraneo

Opuntia ficus-indica, terreno compatto, sole diretto, passanti confusi. Frutti commestibili solo per i più coraggiosi

In un angolo urbano di Gorizia, dove il Nord-Est incontra l’Isonzo e mai ti aspetteresti un miraggio botanico, spuntano (solenni, spinosi e del tutto fuori contesto) dei grandi fichi d’India. L’opera Dissuasore Naturale, firmata dall’enigmatico artista Mediterraneo, gioca sulla presenza disturbante e affascinante di questa pianta tipicamente siciliana, qui del tutto “fuori zona”.

Si dice che sia stata collocata in occasione di GO!2025, Capitale Europea della Cultura, come atto performativo o atto preventivo: impedire che ci si sieda proprio lì, tra quei gradoni perfetti per la sosta, attraverso la più elegante delle barriere naturali: le spine. Ma al di là del potenziale deterrente, i fichi d’India appaiono come un cortocircuito visivo e culturale: sono bellezza resistente, memoria meridionale che si insinua nella città mitteleuropea, apparizione vegetale che parla di clima che cambia, di confini che si sciolgono, di dislocazioni affettive.

> materiali:Opuntia ficus-indica, terreno compatto, sole diretto, passanti confusi. Frutti commestibili solo per i più coraggiosi

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op 1.15

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Specchio per allodole

di Serena Palestrina

Finestre ad arco, incastonate in una facciata che richiama ironicamente le forme della Basilica di San Marco, diventano superficie specchiante del cielo, trappola poetica. L’edificio che ospita l’opera (una scuola e palestra all’avanguardia, premiata per le sue qualità sostenibili) si trasforma così in un luogo dove l’ambiente non è solo rispettato, ma anche riflesso, celebrato, imitato. Per una volta, è bello lasciarsi attirare.

> materiali: vetro, acciaio termotrattato, struttura portante in calcestruzzo armato, cielo autentico fornito quotidianamente da condizioni metereologiche variabili

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INVALICABILE

op 2.1

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Ritorno al futuro

di Soča

“Ritorno al futuro” sfida il tempo e lo spazio, offrendo una nuova prospettiva sul fiume Isonzo a Gorizia. Lungo una passerella sospesa sopra l’acqua, i lampioni non sono semplici fonti di luce: sono portali per il teletrasporto. Ogni lampione, con il suo design futuristico, permette di spostarsi istantaneamente lungo il fiume.  Soča è noto per il suo approccio “veloce” alla vita e alle opere d’arte: in un’epoca in cui il tempo è sempre più prezioso, l’autore ci invita a scoprire il fiume senza fretta, senza la necessità di percorrere chilometri. Con o senza teletrasporto, basta fermarsi un attimo ad ascoltare e osservare le acque sotto di noi per capire cosa è un fiume.

> materiali: Acciaio inox, luci LED ad alta efficienza energetica, tecnologia di teletrasporto (molto teorica, ma decisamente futuristica)

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op 2.2

FAMU Gorizia

Profumo di Isonzo

di The Pipe Collective

Due buchi nell’asfalto offrono uno spunto inaspettato: fermati e respira. Buchi come varchi attraverso i quali si percepisce il fiume, l’acqua, il vapore. The Pipe Collective, collettivo fondato in cantiere, amante dei relitti e imprevisti domestici, ci invita a vivere ogni passaggio sulla passerella quale esperienza sensoriale unica: ascoltate il rumore e l’odore delle acque del fiume, percepite l’atmosfera che cambia con le stagioni.

> materiali: asfalto, tubi, vapore acqueo, respiro profondo

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op 2.3

FAMU Gorizia

La Vita è un attimo

di Letizia Scossa

Un cartello consunto dal tempo, inclinato dal vento, arrugginito dalla pioggia e dalla dimenticanza. Sopra, a fatica, si legge ancora: “Pericolo di morte”. L’opera, incastonata su un traliccio dell’alta tensione, diventa un memento mori contemporaneo, un ammonimento poetico immerso nel paesaggio urbano-rurale dei vigneti di Piedimonte del Calvario (Podgora) a Gorizia. 

“Guardare ma non toccare” Letizia Scossa, artista elettro-situazionista, raccoglie segnali d’allarme reali e li trasforma in riflessioni sul destino, la fragilità e la meravigliosa incoscienza con cui attraversiamo lo spazio.

> materiali: ferro ossidato, vernice scolorita, tensione invisibile; realizzato con la tecnica del ready-made atmosferico

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op 2.4

FAMU Gorizia

Qui si gioca a freccette

di Luciano Tirofisso

Un vistoso adesivo designa il punto preciso nel quartiere Straccis come unico luogo legalmente autorizzato al gioco delle freccette in tutta Gorizia. L’intervento trasforma una comune finestra di una zona marginale in un’istituzione ludico-amministrativa, dove il regolamento urbano si piega al capriccio del gioco. Il gesto ludico si fa esercitazione civica, richiamando alla puntualità, alla precisione e a una forma surreale di disciplina del caso. “Qui si gioca a freccette” non è solo un invito, ma un decreto non richiesto: ogni tiro è un atto pubblico, ogni centro un fatto politico.

> materiali: adesivo stampato a colori, vetro di finestra, architettura esistente, regolamento immaginario

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op 2.5

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Catacombae

di Plinio il dolce

Series cavernarum in muro spectante ad Isontium, inter arbores tacitas et radices vigentes. Catacumbae videntur vel sepulcra esse, vel cloacae vetustae, vel utrumque simul: nulla certitudo, sed tantum temporis coniecturae. Opus se praebet ut locus quietis aeternae, ubi solum venti inter frondes susurrus auditur. Locus est qui responsa non petit nec dat: oculus errat, mens dubitat, memoria cum lapidibus tabescit.

> materiali: murus ex lapide et lateribus, cavitates incertae, sedimenta temporis

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op 2.6

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Stargate low cost

di Collettivo Eva Tropica

Un tratto di bosco, trasfigurato da una crescita vegetale fuori scala, evoca con precisione sospetta le foreste della Cambogia. Liane pendenti, fogliame lussureggiante e un’umidità che sembra importata illegalmente, crescono e avvolgono una soglia verde, uno stargate botanico che promette (ma non garantisce) il passaggio verso le rovine di Angkor Wat, non lontano da Siem Reap. L’opera gioca con l’immaginario dell’esotico a km zero, offrendo una fuga turistica low-cost che non richiede passaporto, ma solo sospensione del giudizio. Un varco tra continenti o solo tra illusioni digitali?

> materiali: ferro, ruggine, ingranaggi, liane

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op 2.7

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Mini bosco sacro con mini Menhir

di Enzo Stonehenge

Appena fuori dal sentiero principale, dove il muschio sembra sapere più storie di quante voglia raccontarne, si apre un minuscolo bosco sacro. Non aspettatevi grandi querce secolari o druidi in attesa: qui tutto è in scala ridotta, ma con un’intensità quasi teatrale. Al centro, mimetizzato tra radici e foglie, si erge un mini menhir. Talmente discreto da sembrare invisibile… tanto che più d’un visitatore lo ha “scoperto” inciampandoci sopra. E no, quello non è il genere di benedizione promessa dal luogo.

Perché in teoria, toccarlo con rispetto porta chiarezza d’idee o almeno un istante di quiete interiore. Ma come ogni creatura silenziosa, va avvicinato con calma e occhio attento. È un piccolo test d’attenzione, in fondo: il sacro non sempre si annuncia in grande stile.

È un luogo da scoprire senza fretta, con lo spirito aperto e un pizzico d’ironia. Perché anche il mistero, se in miniatura, sa farsi beffe di chi passa distratto.

> materiali: querce rosse, ombra, pietra, muschio

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op 2.8

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Cartellonistica per Dio

di Tommaso Paradiso

Cantautore pentito, Tommaso Paradiso abbandona la carriera musicale per intraprendere una ricerca mistico-etimologica sulle origini del proprio cognome. È in questo contesto che nasce Cartellonistica per Dio, un intervento site-specific che trasforma un anonimo cartellone pubblicitario in un altare comunicativo rivolto alle sfere celesti. L’insegna, orientata verticalmente verso il cielo, propone a Dio le novità e promozioni terrestri.

L’opera ironizza sulla nostra ossessione per la visibilità, il marketing e l’idea che anche l’Onnipotente possa essere destinatario di messaggi pubblicitari. Un gesto tanto assurdo quanto profondamente umano, tra fede, marketing e necessità di essere notati, ovunque.

> materiali: struttura in metallo zincato, carta plastificata retroilluminata

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FAMUGORIZIA

il museo di STRACCIS e PIEDIMONTE

A CURA DI

Curatela e coordinamento
Giulia Cerrato
Benedetta Giacomello

Co-creazione tour virtuale
Enzo Comin
Emanuele Di Quattro
Valentina Masotto
Gregor Persoglia
Samuele Trentin
Roberto Coco
Claudio Paolini

Video a cura di
Emanuele Di Quattro @_d4sign

Composizione Fotografica
Alice Durigatto

 

MONDOMINIO

è un percorso di narrazione multimediale e ricerca etnografica che attraversa contesti urbani e aree di edilizia popolare nei capoluoghi del Friuli Venezia Giulia.

A Gorizia ospita un laboratorio
di hacking ed esplorazione urbana a cura di Invasioni Creative
. Nell’ambito di GO! 2025 European Capital of Culture 2025 Nova Gorica – Gorizia e in collaborazione con Circolo ARCI Gong e Klub 27 Gorizia.

CON IL SOSTEGNO

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

invasioni creative _ FAMU Trieste
Corsia di emergenza _ FAMU Trieste
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia _ FAMU Trieste
IO SONO FRIULI VENEZIA GIULIA _ FAMU Trieste
GO 2025

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FAMU born in Udine (IT) and experimented in Turin, Pordenone, Trieste, Gorizia and Gjirokastra (AL) .

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