INIZIA L’ESPLORAZIONE

FAMUSANDONATO

 

FAMU San Donato è un un percorso museale openair da fare a piedi, nato a partire dalle esplorazioni urbane di Invasioni Creative promosse con Più SpazioQuattro e il sostegno della Circoscrizione 4 – Città di Torino.

Angoli sconosciuti e scorci dimenticati del quartiere San Donato ribaltano la sua lettura attivando nuove dinamiche osservative. E in più una mappatura (e una mostra visitabille in via Saccarelli 18) degli spazi abbandonati del quartiere San Donato a cura del fotografo Lorenzo Attardo: “EX Donato”

op.1

Non aprite quella porta

Non aprite quella porta

di Faccia di Cuoio

Scolpita dal legno di antichi alberi, si erge come un monito alla cautela, una riflessione sulle conseguenze che possono derivare dall’aprire quelle porte interne che custodiamo gelosamente. La superficie lignea, consumata dal tempo e dalla vita stessa, è permeata da sottile erba parietaria, una ragnatela fragile che sembra trattenere i sussurri di un passato oscuro. La muffa, come una forza vitale distorta, si diffonde silenziosamente lungo i contorni dell’opera, evocando una sensazione di decadimento e disintegrazione. Il fulcro dell’opera, un varco violentemente asportato, si erge con un’evidente minaccia, richiamando l’attenzione dell’osservatore verso l’inaspettato. È un simbolo di rottura e intrusione, un invito tentatore e proibito a oltrepassare il limite dell’ignoto.

Attraverso la sua essenza disturbante, “Non aprite quella porta” suscita una gamma di emozioni contrastanti: curiosità e timore, desiderio di esplorare e prudenza nell’avvicinarsi. È un richiamo all’oscurità interiore dell’uomo, una rappresentazione viscerale dei nostri segreti più inconfessabili che si nascondono dietro le porte chiuse della nostra anima. “Non aprite quella porta” è un invito all’introspezione e alla consapevolezza, un’opera d’arte che sconvolge e affascina, lasciando il pubblico con un senso di inquietudine e un’insaziabile sete di verità.

> materiali: egno, erba parietaria, muffa, piede di porco

Non aprite quella porta
Non aprite quella porta
Non aprite quella porta
Non aprite quella porta

op.2

Mancaza di prospettive

Mancanza di prospettive

di collettivo Lovers

Nell’abisso delle pareti bianche emerge un segno misterioso e affascinante, lasciato dal passato e portato alla luce dal collettivo artistico Lovers. “Mancanza di prospettive” si erge come un’impronta indelebile, un ricordo persistente di qualcosa che una volta era presente, ma è stato rimosso. La composizione è creata con abili cerniere e viti, che si intrecciano in un intricato schema, formando un’immagine di un quadro mancante. Le cerniere rappresentano una connessione passata, un legame che una volta ha unito il dipinto al muro. Ora, rimangono come testimoni silenziosi di una storia che si è dissolta nel tempo. Attraverso l’uso sapiente delle ombre, il collettivo Lovers dà vita all’opera, donando profondità e mistero alla traccia lasciata dal quadro assente. Le ombre danzano sulla superficie, creando un effetto tridimensionale e suscitando l’illusione che l’opera sia ancora presente, seppur invisibile agli occhi.

“Mancanza di prospettive” incarna una riflessione sulla natura fugace dell’arte e della sua esistenza effimera. Come una targa che è stata sollevata e rimossa, l’opera lascia dietro di sé un vuoto, un’assenza che invita l’osservatore a riflettere sul significato dell’arte e sulla sua capacità di persistere nel tempo. Il collettivo Lovers sfida le convenzioni artistiche e spinge il pubblico a interrogarsi sul valore dell’arte stessa. L’opera si manifesta come un’interrogazione visiva sulla fugacità della bellezza e sulla nozione di prospettiva, invitando l’osservatore a guardare oltre le superfici tangibili e a scoprire la profondità nelle tracce che il tempo lascia dietro di sé.

 

> materiali: cerniere, viti, ombra

Mancaza di prospettive
Mancaza di prospettive

op.3

Richiesta di aiuto

Richiesta di aiuto

di Twentyfive

Un appello disperato scolpito nell’essenza del marmo. Cinque linee profonde, come segni lasciati da una mano immaginaria, portano con sé un grido silenzioso e una richiesta di soccorso.

Attraverso questa rappresentazione visiva di dolore e bisogno, Twentyfive trasmette un senso di connessione e compassione umana. L’opera invita l’osservatore a riflettere sulla propria capacità di ascoltare, comprendere e rispondere alle richieste di aiuto che possono passare inosservate nella frenesia della vita quotidiana. L’autore sfida il pubblico a considerare il potere delle proprie azioni nella vita degli altri: un invito a esplorare l’empatia e la gentilezza come risorse per costruire comunità più forti e solidali.

 

> materiali: cenere su marmo

Richiesta di aiuto

op.4

APP di incontri

APP di incontri

di L’Hinge

Un luogo apparentemente banale si trasforma in un’esperienza sociale straordinaria. Un lavasciuga automatico diventa il punto di incontro, dove le persone si ritrovano mentre aspettano pazientemente la propria lavatrice. L’opera rappresenta una satira sulla cultura degli incontri moderni: ironizza sull’idea delle app di incontri virtuali, portando l’esperienza nel mondo fisico, nel cuore di una lavanderia. Il lavasciuga automatico diventa così un luogo di connessione e opportunità. Le persone si incontrano casualmente, scambiano conversazioni, condividono sorrisi e, forse, trovano la scintilla dell’amore. Cupido, un’aggiunta inaspettata ma necessaria, fluttua sopra di loro, facendo il suo “lavoro” in modo impertinente.

Attraverso questa insolita opera d’arte, “L’Hinge” ci invita a riflettere sulle dinamiche sociali e sull’importanza dell’interazione umana autentica. L’opera celebra l’elemento casuale e sorprendente degli incontri, rimettendo in discussione il modo in cui ci connettiamo in un’epoca dominata dalla tecnologia. “APP di incontri” è un richiamo all’umanità, un invito a lasciare il mondo virtuale e ad abbracciare l’opportunità di connettersi con gli altri nel mondo reale. È un’opera che stimola la curiosità e ci incoraggia a uscire dalla nostra comfort zone, sperimentando un approccio inusuale alle relazioni umane.

 

> materiali: acciaio, plastica, acqua, sapone, cupido

APP di incontri
APP di incontri

op.5

Antipatico abbandono

Antipatico abbandono

di Castagnola Avvelenata

Un’opera che sfida le coscienze, sollecitando una riflessione sulle responsabilità che abbiamo nei confronti degli animali che ci affidano la loro fiducia. Attraverso la rappresentazione visiva del cucciolo di cane e dei moschettoni, l’artista pone l’accento sul bisogno di amore, cura e protezione degli animali domestici. Nel cerchio, sono presenti due moschettoni che simboleggiano il legame tra il guinzaglio e il cane, ma allo stesso tempo, rappresentano il triste strumento dell’abbandono. Questo dettaglio provoca una forte reazione emotiva negli spettatori, che si trovano ad affrontare l’ingiustizia e la crudeltà dell’abbandono degli animali.

L’opera invita a un cambio di prospettiva e a un’impegno attivo nella prevenzione dell’abbandono animale; proietta un messaggio di empatia e compassione, spingendo gli spettatori ad agire in difesa degli animali e a promuovere una cultura di rispetto verso di loro, a partire dalla riflessione sulla responsabilità individuale e collettiva verso gli animali. Un invito a fare la nostra parte per porre fine all’abbandono e alla sofferenza che ne deriva.

> materiali: pelo, zampe, moschettoni

Antipatico abbandono

op.6

pertugio

Pertugio

di Il prigioniero della Principessa Clotilde

L’opera trasporta l’osservatore in un mondo di mistero e immaginazione. Una piccola grata, originariamente concepita come una semplice presa d’aria, si rivela come l’ingresso a una dimensione nascosta. 

Realizzata con tondini metallici e acrilico, l’opera cattura l’attenzione e suscita una sensazione di inquietudine. La grata diventa un simbolo di confinamento e segregazione, invitando l’osservatore a interrogarsi sulle barriere fisiche e mentali che possono imprigionare l’essere umano. Chi potrebbe trovarsi dietro quella grata? Riuscite a sentire il suo respiro?  Un’occasione per riflettere sul concetto di libertà, sulle forze che possono limitarla e sulla lotta per superare gli ostacoli che ci tengono prigionieri nella nostra vita quotidiana.

> materiali: tondino metallico, acrilico, paura

pertugio

op.7

Torino Brucia

Torino brucia

di Dell’As

Quanto tempo può durare un’opera? L’autore Dell’As riflette sull’immortalità delle opere artistiche, siano esse fatte di parole o di immagini. Vale più una frase detta o scritta? 

Dell’As mette in discussione il sistema che decreta il valore di un messaggio, che sembra essere influenzato dall’importanza del mezzo di comunicazione e dalla notorietà dell’autore. In questo contesto, cosa rimane a noi se non i muri della città?

Lo spettatore è invitato a prendere parte attiva nell’interpretazione dell’opera, decidendo se far proprio il messaggio impresso sul muro o se annientarlo e censurarlo, strappando il poster. Questo atto di intervento dà potere allo spettatore, che può influenzare il destino e il significato dell’opera stessa. “Torino Brucia” stimola la riflessione sul ruolo dell’individuo nel processo creativo e nella comunicazione. Mette in luce l’importanza di una partecipazione attiva e critica nella fruizione dell’arte, invitando il pubblico a esaminare i confini tra l’autore, il messaggio e lo spettatore, e a riflettere sulle dinamiche di potere che possono influenzare la percezione e il valore di un’opera d’arte.

> materiali: carta, colla, cemento

Torino Brucia
Torino Brucia

op.8

tela dò io

Tela dò io

di Nick IA

Una nicchia verde incastonata in un muro, che assume l’aspetto di una tela vuota. Realizzata con acrilico e intonaco, l’opera cattura l’attenzione e suscita una sensazione di potenzialità artistica. La nicchia verde, come una tela in attesa di essere dipinta, offre infinite possibilità creative. Rappresenta un invito all’espressione personale e all’immaginazione dell’osservatore. È un richiamo a cogliere l’opportunità di trasformare lo spazio vuoto in un’opera d’arte unica e significativa.

Il muro diventa un luogo di potenziale espressione artistica, dove il confine tra l’artista e l’opera si dissolve, dando vita a una collaborazione tra il creatore e il fruitore. Attraverso questa opera, Nick IA esplora il concetto di creazione e di partecipazione attiva dell’individuo nell’arte. Sottolinea l’importanza di riconoscere il proprio potenziale creativo e di abbracciare l’opportunità di trasformare anche lo spazio più insignificante in un’opera d’arte che può emozionare e ispirare.

> materiali: acrilico, intonaco

tela dò io
tela dò io

op.9

Essi vedono

Essi vedono

di John Carpenter

Un angolo del muro diventa teatro di una rappresentazione sinistra. Realizzato con vinile iridescente, un adesivo è collocato come dissuasore per allontanare gli animali che potrebbero urinare sul muro. 

L’adesivo cattura lo sguardo dell’osservatore, evocando una sensazione di mistero e presenza inquietante. La sua lucentezza iridescente conferisce un’aura magica e incantata all’opera, amplificando la sua capacità di attirare l’attenzione.

John Carpenter esplora il confine tra il mondo umano e quello animale, utilizzando il barbagianni come simbolo di saggezza e osservazione. L’adesivo funge da sentinella, avvertendo e dissuadendo gli animali dall’interferire con il muro, ma allo stesso tempo, suggerendo che ci sono entità che ci osservano e scrutano i nostri movimenti. L’opera invita l’osservatore a riflettere sulla coesistenza tra l’uomo e il regno animale, e sull’importanza di preservare l’equilibrio e il rispetto reciproco. 

Un richiamo a prestare attenzione all’ambiente che ci circonda e a considerare il nostro impatto sugli esseri viventi che condividono il nostro spazio.

> materiali: vinile fluorescente, piscio di cane

Essi vedono
Essi vedono

FAMUSANDONATO

il museo di San Donato

A CURA DI

Giulia Cerrato, Andrea Ciommiento e Elisa Zenoni per Invasioni Creative

Hanno partecipato: Francesca Alloatti, Alice Arduino, Laura Ruggiero, Irene Salomone, Monica Postiglione, Nicola Bonfà, Francesca Grassitelli, Andrea Zenoni, Veronica Altieri, Jonida Alliaj, Valeria Grasso, Ludovica Di Benedetto, Marco Barreca, Sara Cariola, Roberto Ceschina, Pier Paolo Ramassa e Jessica Sileo.

raccontidiquartiere

è un progetto promosso da Invasioni Creative in collaborazione con Più SpazioQuattro e Coop.Valpiana con il sostegno della Circoscrizione 4 – Città di Torino.

invasioni creative _ FAMU Trieste
IO SONO FRIULI VENEZIA GIULIA _ FAMU Trieste
Coop. Valpiana
Fondazione Friuli _ FAMU Trieste

FAke

MUseum

change your city

ABOUT

We are art makers who share the passion for urban exploration. Would you like to share your visions with us?

WHERE

FAMU born in Udine (IT) and experimented in Turin, Pordenone, Trieste and Gjirokastra (AL) .

INFO

Do you want to build a Fake Museum in your city? Click below and share your ideas with us!